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21/01/2011 / legsenigallia

Resignation!

Resignation!Libertà e Giustizia aderisce alla manifestazione di domenica 23 gennaio dalle ore 17:00 in piazza Roma (Senigallia) per chiedere le dimissioni immediate del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e invita tutti i cittadini, movimenti, associazioni e partiti a partecipare al grido universale: Resignation!

Qui di seguito l’appello di Gustavo Zagrebelsky, Paul Ginsborg e Sandra Bonsanti a nome di tutta Libertà e Giustizia che potete firmare cliccando qui (50mila firme in 24 ore!):

1. Dimissioni

Chiediamo a Silvio Berlusconi di dimettersi immediatamente.In nessun altro paese democratico un Primo ministro, indagato per così gravi capi di accusa, rimarrebbe in carica. Tutti i cittadini italiani, di qualsiasi credo politico, devono essere consapevoli che l’immagine del loro paese sarà profondamente danneggiata se Berlusconi rimarrà al suo posto.

2. Presenza in aula

Chiediamo a Silvio Berlusconi di non utilizzare la televisione per difendersi e screditare i magistrati grazie al suo considerevole potere mediatico, bensì di presentarsi ai giudici come farebbe ogni cittadino. In tribunale, Berlusconi potrà comunque giovarsi dall’avere ingaggiato gli avvocati più pagati del paese. Speriamo vivamente per lui e per l’Italia che sia in grado di dimostrare la propria innocenza. Visto che Berlusconi e i suoi sostenitori affermano che i giudici sono irrimediabilmente prevenuti nei suoi confronti, ricordiamo che in più di un’occasione gli è stato garantito il beneficio del dubbio. Nel caso Mondadori, ad esempio, la corte giudicò, nel novembre 2001, la posizione di capo del Governo una “circostanza attenuante” che, unicamente nel suo caso, fece cadere in prescrizione l’accusa.

3. Il ruolo del Presidente della Repubblica

In una situazione in cui due dei principali poteri dello Stato – la magistratura e l’esecutivo – si affrontano in uno scontro estremamente pericoloso per il futuro della Repubblica, chiediamo al Presidente Napolitano di valutare la situazione e di intervenire tempestivamente, entro i limiti previsti dalla Costituzione.

4. I partiti di opposizione

Chiediamo a tutti i partiti di opposizione di mettere da parte le loro divergenze e di abbandonare qualsiasi desiderio di primeggiare, chiedendo invece con una sola voce le dimissioni del Premier.

5. Società civile

Invitiamo le numerose associazioni e le centinaia di migliaia di cittadini che si riconoscono nella società civile a concentrare le loro forze e a unirsi in una linea d’azione comune. Chiediamo soprattutto al mondo cattolico di esortare il Vaticano a pronunciarsi su una questione di etica pubblica così rilevante.

6. Gli amici dell’Italia nel mondo

Abbiamo scritto questo appello sia in inglese che in italiano per mandare un messaggio a tutti coloro che all’estero amano la nostra democrazia e le sorti del nostro Paese. Non perdete la fiducia nell’Italia! Abbiamo bisogno della vostra solidarietà e del vostro aiuto.

Gustavo Zagrebelsky, Paul Ginsborg e Sandra Bonsanti per tutta Libertà e Giustizia

Leggi anche:

Zagrebelsky: Berlusconi scapperà come Craxi.

Our “Friends of Italy” in the Usa.

 

14/01/2011 / legsenigallia

Pd… il coraggio che serve?

Dopo la parziale bocciatura del legittimo impedimento, che a ben ragione Valerio Onida ha detto abolire gli stravolgimenti a personam. Ritorniamo sul pianeta Pd. La direzione nazionale tenuta ieri fa sentire le sue ripercussioni anche a livello locale.

Il Pd senigalliese, infatti, si è diviso sulla posizione espressa dal segretario nazionale del Pd Bersani in merito alla linea che il partito intende adottare. E mentre la segretaria del Pd Elisabetta Allegrezza, a nome del partito locale, ha inviato a Bersani un documento di sostegno, una parte del Pd senigalliese si dice contrario. Ecco la lettera inviata allo stesso Bersani da un gruppo di iscritti al Pd senigalliese:

Caro Segretario,

abbiamo seguito con una certa apprensione gli interventi che si sono succeduti durante l’ultima Direzione Nazionale, ed abbiamo accolto con estremo favore un voto che ha evitato spaccature in questo momento quanto mai pericolose. La situazione è grave, nel Paese e all’interno del Partito. Confermiamo la fiducia nella dirigenza, ma crediamo che sia urgente un immediato cambio di rotta. Inseguire alleanze che snaturino la nostra identità non può essere la strada giusta. L’idea di un Grande Ulivo, da te proposta solo pochi mesi fa, è già tramontata; le primarie che sono da sempre il nostro tratto caratterizzante, vengono messe in discussione; nemmeno in una situazione come quella che sta avvenendo a Torino siamo riusciti a far sentire il nostro sostegno ai lavoratori, che vada come vada la consultazione e al di là dei torti o delle ragioni, ne usciranno comunque sconfitti.

La situazione nazionale è drammatica, e solo un grande partito può contrapporsi a un governo che ogni giorno porta il Paese sempre più alla deriva. Crediamo che sia arrivato con urgenza il momento di ricordarci chi siamo e che il Partito Democratico nasce per essere un grande partito riformista alternativo al centro e alle destre. Abbiamo bisogno di dire parole chiare su tematiche che da sempre ci appartengono, ma che non abbiamo difeso con sufficiente forza, deludendo in gran parte il nostro elettorato e stemperando l’entusiasmo che ci ha accompagnato nei primi momenti in cui questo Partito ha visto la luce. Rimettiamo al centro dell’agenda politica alcune priorità che riteniamo fondamentali e irrinunciabili tra cui una riforma del lavoro che rifiuti il ricorso al lavoro atipico come strumento per ridurre i costi del lavoro e annullare i diritti; un no secco e deciso al Nucleare, il riconoscimento del valore irrinunciabile della scuola pubblica rispetto alle scuole private e paritarie; la regolamentazione dei diritti e delle unioni civili, del Testamento Biologico e la riforma della legge 40/2004; che riconosca le Primarie come strumento irrinunciabile di selezione dei candidati e che sappia rinnovare i propri rappresentanti rendendo effettivo il limite statutario dei tre mandati.

Facciamo diventare tali punti oggetto di un documento programmatico da discutere nei circoli, coinvolgendo la base in un dibattito trasparente e partecipato e che diventi la piattaforma irrinunciabile da proporre a ipotetici alleati, per cercare il più ampio accordo volto a sconfiggere il governo delle destre, ma che al contempo non snaturi la nostra identità di partito di centrosinistra. Riteniamo che solo rinunciando ai tatticismi e offrendo un’alternativa politica di centrosinistra chiara e condivisa e potremo riconquistare la fiducia di tanti iscritti ed elettori per andare finalmente oltre Berlusconi“.

In fede Fabrizio Volpini, Beatrice Brignone. Stefania Pagani, Cristian Ramazzotti, Fabrizio Chiappetti, Massimo Barocci, Sonia Gregorini, Emiliano Pagani, Giovanni Tinti, Carolina Mercolini, Anna Pia Ginsanti, Barbara Sardella, Simeone Sardella, Mauro Gregorini, Mauro Pierfederici, Leodino Bartera, Angela Rodano, Ivonne Tinti, Matteo Marcosignori, Daniele Manoni, Alice Tinti, Giannina Bigelli, Myriam Fugaro, Fabrizio Micci, Antonio Pagani, Paola Curzi, Margherita Angeletti, Silvia Giacomelli, Monica Massi, Roberto Fabri, Mirco Guazzarotti.
gruppo iscritti al PD

tratto da http://www.viveresenigallia.it

 

11/01/2011 / legsenigallia

Vota Italia!

di Dean Hajredini

Lo aveva detto nella conferenza stampa di fine anno: “Presto fonderò un nuovo partito”. Detto, fatto. Indiscrezioni vicine all’area pidiellina rendono noto che la formazione di un nuovo simbolo per il partito è già pronto. Il nuovo partito si chiamerà “Italia”. Al vaglio degli esperti di marketing negli ultimi giorni c’era anche quello di “Viva l’Italia” ma diversi dubbi aveva destato l’acronimo di Vli che sempre secondo gli esperti di marketing non avrebbe funzionato granché oltre che, motivo da non sottovalutare, troppo simile a quello dell’ennesimo ex alleato ora avversario politico Gianfranco Fini.

Questa volta i berluscones vogliono fare le cose in grande, dopo un nome che aveva quel qualcosa di sportivo che ad ogni partita di calcio della nazionale quelli di sinistra si vergognavano di urlare “Forza Italia” ora cosa devono fare? Ma poi, come verranno chiamati i vari berluscones che faranno parte del nuovo partito? Gli italiani? Ora i veri italiani devono cominciare a vergognarsi anche di chiamarsi italiani? Così tornerebbe di gran moda una canzone che faceva: “io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono”. Mossa strategicamente perfetta quella dell’agenzia Dire, alla quale è stato assegnato il delicato compito della scelta del nuovo nome soprattutto in un periodo nel quale stanno fremendo i preparativi per il centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia dove le polemiche sono molte soprattutto sul fronte secessionista.

Ma gli alleati dell’attuale Popolo delle Libertà cosa ne penseranno di questo nuovo nome? Cosa ne penseranno infatti i federalisti e secessionisti della Lega Nord che per anni ed anni hanno creato consenso attorno a loro bruciando la bandiera tricolore e urlando in varie occasioni “Italia, Italia Vaffanculo”, ma neanche ai neoborbonici del sud questo nuovo nominativo non starà granché bene. Come risolverà Berlusconi il problema di questo nome indigesto soprattutto con la Lega che rappresenta l’ultimo dei fedeli alleati del premier dopo l’allontanamento pian piano negli anni dei vari Buttiglione, Casini e Fini. Ad aggiungersi a questo problema è la tardiva approvazione dell’attuazione del federalismo tanto voluto da Bossi. Dopo il danno la beffa.

In tutti questi anni di berlusconismo nella politica italiana ci siamo visti la nascita di ben tre partiti politici nati tra predellini e discorsi di fine anno e in tutti questi tre partiti uno solo è stato il comune denominatore. Come sotto alla dicitura Forza Italia, come sotto alla dicitura Popolo delle libertà e inoltre come, senza dubbio dovrebbe essere, sotto la dicitura Italia vi sarà la scritta: “Berlusconi Presidente”, come ben specificato nella bozza del nuovo simbolo. Pochi sono i partiti che si privano dello stampo presidenzialista del partito. Infatti sopra Udc c’è scritto Casini Presidente, sotto Lega Nord c’è scritto Bossi, sopra alla dicitura Italia dei Valori c’è scritto Di Pietro, sotto a Sinistra Ecologia e Libertà c’è scritto con Vendola. A distinguersi da quest’armata di presidenti da simbolo di partito ci sono invece il Partito Democratico che con due dei tre segretari in pochi anni non ha proposto il nome di alcuno di loro nel simbolo, infatti mai abbiamo visto Franceschini presidente o Bersani presidente bensì Veltroni presidente era scritto nello stemma dell’allora neonato Partito Democratico in tempi di elezioni,  e altrettanto ha fatto il Partito di Rifondazione Comunista che anche oggi con Ferrero mantiene intatto il proprio simbolo così come è successo nel corso degli anni.

L’accusa mossa spesso all’area berlusconiana dagli avversari politici è quella di aver reso i suoi partiti un’azienda come la Mediaset puntando sempre e solo sull’immagine ed alla bella presenza del partito in sé e soprattutto alla bella presenza di coloro che si candidano sotto quel simbolo. Ecco, questa è l’ennesima puntata del partito-azienda portata avanti da Berlusconi e dai suoi adepti.  L’intelligenza imprenditoriale di Berlusconi non è messa in dubbio, ma bisognerebbe cominciare a scindere la politica dall’azienda perché gli elettori non comprano un prodotto, gli elettori chiedono di essere tutelati e governati.

 

06/01/2011 / legsenigallia

Alla faccia della modernità

di Stefano Canti

Quello che sorprende di più del caso Fiat è la corsa di tutti i politici e non ad etichettare la strategia di Marchionne come la modernità, nel senso più positivo. Se da destra è ampiamente comprensibile dato il fatto della presenza di un governo il più ideologizzato possibile, in cui il Ministro Sacconi è mosso dal rancore verso la Cgil e la Fiom e quindi accecato dal piacere di emarginarla, da sinistra i riformisti eccitati dal sistema Marchionne non si capiscono proprio.

E così, beatamente, Pomigliano e Mirafiori si impongono nel discorso pubblico come luoghi-simbolo di ogni cambiamento, non solo industriale, anche dei diritti (non tenendo conto che “democrazia è la possibilità di avere voce nelle decisioni che toccano la propria vita, partecipare in qualche misura ad esse, poter discutere del proprio destino; magari per accettarlo, alla fine, anche se ingrato” e che con la minaccia e il ricatto essa è sospesa), contro ogni conservatorismo. Come scritto da Massimo Giannini su Repubblicachi non accetta la “dottrina Marchionne” è dalla parte sbagliata della Storia. Quasi a prescindere. E così, per sconfiggere l’ideologia delle vecchie sacche di resistenza corporativa, si adotta un’ideologia uguale e contraria: quella delle nuove avanguardie della modernizzazione progressiva”. Nessuno ragiona sui contenuti degli accordi. Tutti si preoccupano di giudicare i torti della Fiom che si è sfilata dal tavolo.

Bisognerebbe invece con buon senso ragionare sui dati di fatto. Si è visto, come si temeva, che, prima Pomigliano e ora Mirafiori, il sistema deve diventare la regola. Nessuna trattazione, chi ci sta bene, chi non ci sta è fuori da tutto, dalla rappresentanza e dunque dall’azienda. Poi, questo accordo è obiettivamente peggiorativo della condizione di lavoro degli operai e della funzione di diritto del sindacato. Come fatto notare da Giannini, si può anche sostenere che non c’erano alternative, e che firmare era la sola opzione consentita, per evitare che la Fiat smobilitasse. Tuttavia chi oggi parla di “svolta storica” deve riconoscere che si è trattato di una firma su un accordo basato su un ricatto.

E’ un accordo che per la prima volta riconosce il principio che chi non accetta i suoi contenuti non ha più diritto di rappresentanza sui luoghi di lavoro. C’è poco da festeggiare, quando peggiorano le condizioni di lavoro e si comprimono gli spazi del diritto. Ma, c’è un aspetto che nessuno prende purtroppo in considerazione. Nessuno ha ancora capito cosa ci sia nel piano-monstre Fabbrica Italia: quali e dove siano indirizzati i nuovi investimenti, quali e quanti siano i nuovi modelli di auto che il gruppo ha in programmazione, dove e come saranno prodotti. Perché emergono i contenuti veri del Lodo Fiat-Chrysler. “Non è la prima che ha comprato la seconda, com’è sembrato all’inizio. Ma in prospettiva sarà la seconda ad aver comprato la prima, nello schema classico del reverse take-over”.

E John Elkann? E John Elkann perché ha scelto di non esistere mentre si discute di portare via da Torino ciò che resta della Fiat, di portarla nell’ambito della semi-fallita Chrysler? Perché sembra proprio che John Elkann stia preparando l’addio all’auto. Il 34enne presidente del Lingotto accompagnando l’azienda alla svolta, di cui suo nonno Gianni era fortemente contrario, sta realizzando le idee dello zio Umberto, e si è affidato per questo al manager italo-canadese Sergio Marchionne.

Come spiegato da Marco Ferrante nel suo libro Marchionne – L’uomo che comprò la Chrysler (Mondadori 2009) – : “Mentre Marchionne rimette in sesto l’azienda, la famiglia risistema se stessa. John Elkann dichiara la disponibilità a diluire la quota di controllo in Fiat Auto per costruire un gruppo più grande”. A suo tempo già “Umberto Agnelli – emarginato dalla gestione per volontà di Enrico Cuccia, influente presidente onorario di Mediobanca – riteneva che nell’auto Torino fosse ormai troppo piccola per competere, e tanto valeva uscire dalle quattro ruote per giocare le proprie carte su altri settori più innovativi e promettenti, per esempio le telecomunicazioni” (oggi l’energia dove la mettiamo? Con il nucleare che vuole avanzare…).

Marchionnecome numero uno della Chrysler, costruisce un gruppo integrato globale dell’auto; come numero uno della Fiat, la sta dolcemente portando in dote alla Chrysler. Fingendo di avanzare, la famiglia Agnelli sta dunque uscendo dall’auto, come voleva Umberto. A un certo punto rimarrà azionista di minoranza. Mirafiori, da simbolo dell’Italia che produce (e che progetta), si trasformerà in uno stabilimento delocalizzato per la produzione low cost di Chrysler in Europa. Il gruppo Fiat continuerà a essere forte e indipendente nei settori in cui è già oggi sanamente internazionale. E John Elkann sarà il simbolo di una famiglia passata laicamente e modernamente – con molti dolori ma senza veri traumi – dalla poesia del nonno alla prosa del nipote”. E gli operai e i loro diritti?

 

02/01/2011 / legsenigallia

I nuclearisti all’attacco

di Stefano Canti

Berlusconi ad inizio 2010 aveva preannunciato almeno un anno di intensa attività pubblicitaria per convincere gli italiani riguardo ai vantaggi e alla necessità del nucleare. Purtroppo come non mai il tycoon di Mediaset, quello con il più alto e grave conflitto d’interessi del mondo che mette a rischio i principi base democratici e liberali con il suo punto di forza il monopolio/oligopolio dei mezzi della comunicazione non era mai stato più sincero. I nuclearisti sono già partiti all’attacco.

Come riportato da Bruno Ballardini su “Il Fatto Quotidiano” oggi, “ve lo ricordate Chicco Testa, quello che voleva spaccare la faccia al geologo Mario Tozzi in diretta a “Cominciamo bene”? Insomma, l’ex presidente di Legambiente diventato poi presidente del Consiglio d’Amministrazione di Acea, poi di Enel, e infine managing director del gruppo Rothschild e convinto nuclearista? Oggi ha messo su un blog dal titolo furbetto (Newclear.it, si pronuncia come “nucleare” ma è composto dalle parole “nuovo” e “pulito”) ed è a capo del Forum Nucleare Italiano, “un’associazione no-profit che vuole contribuire, come soggetto attivo, alla ripresa del dibattito pubblico sullo sviluppo dell’energia nucleare in Italia”, oltre che “favorire una più ampia e approfondita conoscenza dell’opzione nucleare e delle sue implicazioni come condizione indispensabile di un confronto non pregiudiziale su questo tema. Insomma, perché fate i cattivoni e abolite il nucleare con un referendum? Parliamone ancora dai, magari “con pacatezza”, come dice il sito dell’associazione, riportando tutto al bon ton tanto in voga in queste ultime stagioni politiche. Ebbene alla fine, dai e dai, lo spot è uscito:

Analizzando lo spot le associazioni mentali che suscita la partita a scacchi, come nell’analisi di Bruno Ballardini, “non giocano tutte a favore del cittadino. Sembrerebbe che, comunque vada, qualunque scelta si faccia, perderemo sempre. Oppure che sarà un’eterna partita a scacchi il cui esito si avrà soltanto quando qualcuno ci spiegherà che sono più i vantaggi che gli svantaggi. E bene fa Chicco Testa a prenderla così alla larga, perché diverse indagini giornalistiche hanno dimostrato che il nucleare non è solo dannoso, ma anche inutile, come ad esempio l’ottimo servizio di Riccardo Iacona andato in onda su Rai3 il 19 settembre scorso”.

Comunque sia di fatto la campagna pubblicitaria per il nucleare è partita. E’ sicuro che “gli spot non servono a far cambiare opinione (questo lo credono solo i politici che infatti li usano impropriamente), per fare quello occorrono altri mezzi”. Ma l’obiettivo è un altro, lo spot serve ad attirare l’attenzione su un Forum dove “favorire il dibattito”. Come ci spiega il professore Ballardini, “una strategia molto abile, tipica delle azioni di lobbying delle Public Relations, perché in questo caso il dibattito serve solo a far credere ai cittadini che abbiano ancora una voce in capitolo, tanto ormai il Governo ha deciso”. Azione tipica delle strategie di public relation che “per fare opinione pagano giornalisti e organizzano convegni (oppure, risparmiando, si mette su un bel forum su Internet), poi alcuni operatori mischiati alla platea, apparentemente dei partecipanti qualsiasi, orientano il dibattito facendo domande e interventi ad hoc per dirottare l’opinione della massa in una certa direzione”.

Ecco che nell’era berlusconiana i Pr “fanno i cani da pastore con il gregge delle pecore” e da veri manipolatori agiscono “nell’ombra, in modo losco, al di fuori di qualsiasi etica professionale” dirottando le opinioni, in questo caso specifico pro-nucleari. Per seguire questa strategia – secondo il professor Ballardini – “è evidente che la campagna pubblicitaria serva solo come “buttadentro” per invitare gli allocchi a partecipare al Forum su Internet. E’ il modo berlusconiano di intendere la democrazia: una competizione in cui vince la maggioranza e per ottenerla basta usare i media manipolando l’opinione della gente e decretando infine che “così  ha voluto la vox populi”. Questo significa che sono perfettamente consapevoli del fatto che se si rifacesse il referendum oggi, il risultato sarebbe ancora una volta uno scacco matto, ma non a noi: al governo”.

Un’ultima considerazione che però non ci deve far dormire adagiati sugli allori. La strategia comunicativa berlusconiana è stata sempre sottovalutata dalla sinistra italiana e i rischi non percepiti e mai compresi a fondo.
La parte d’informazione omessa in questi casi è molto più importante e rilevante di quella che viene comunicata. Per il nucleare la comunicazione continuerà sull’uso di testimonial (Umberto Veronesi un esempio?) e sulla pubblicità tradizionale. Perché i primi hanno l’autorevolezza scientifica necessaria per persuadere, mentre la seconda è lo strumento perfetto in una logica mono-direzionale: permette di far passare soltanto il messaggio stabilito, omette tutto il resto e impedisce contro-argomentazioni.

Quello che non ha ancora capito la sinistra ecologista è che, come sostiene anche Vanni Codeluppi, sul mercato non competono prodotti (in senso astratto, anche partiti, ideologie, persone) ma messaggi. E alla fine passa soltanto quello che convince di più e che è rilevante per il pubblico. Un’altra cosa che la sinistra non ha capito è l’opposizione fra verità e credibilità. In comunicazione non basta soltanto la prima o la seconda. Servono tutte e due.

Purtroppo le parole di Bruno Ballardini non vanno prese come una lezione sulla comunicazione, ma vanno rielaborate nella sua riflessione: “se la destra usa gli strumenti della comunicazione in modo teppistico, la sinistra non ha proprio gli strumenti culturali per difenderci da questo. Dobbiamo trovarli noi. Altrimenti il destino del Paese sarà sempre di più in mano alle Pr, intese sia come “persuasori occulti”, sia come ragazzotte da discoteca”. E temi come il nucleare in mano alle Pr in mano al potere economico finanziario che le stipendia sarebbe un disastro senza strumenti culturali di difesa.

31/12/2010 / legsenigallia

2011, una rinascita per la speranza e la fiducia

Chiudiamo l’anno nel modo peggiore che si poteva fare. Con la notizia dell’ennesimo militare morto in Afghanistan. La tredicesima vittima di questo 2010 e la trentacinquesima da inizio missione.

Che dire. Non è stato di certo un buon 2010. Tutti i ricordi che scaturiscono da questa sigla sono brutti, negativi. Le festività hanno portato solo brutte notizie. La minaccia e il ricatto fatto sistema dagli accordi Fiat di Pomigliano, l’approvazione del Ddl Gelmini sull’Università e la firma (di cui non si può dar colpa a Napolitano).

C’è qualcosa da salvare di quest’anno che si sta chiudendo? Se quanto appena scritto è solo alla fine, ad arrivare all’inizio si perderebbero le speranze. Ma qualcosa che ci salva c’è, qualcosa che ci dà fiducia. C’è la lotta di chi non molla. La resistenza di chi è contro l’arroganza di chi ci vuole piegati e rassegnati. La lotta degli studenti che non vogliono veder cancellati i loro diritti allo studio e distrutta l’istruzione pubblica. La lotta dei lavoratori che non vogliono perdere i loro diritti, perché prima di tutto il lavoro è rispetto e dignità della persona umana.

C’è anche la lotta di quei sindaci che non vogliono vedere tolti alla loro comunità servizi alla persona essenziali per la coesione sociale e l’intera collettività da una tagliola orizzontale. C’è la dignità di ragazzi stranieri cresciuti in Italia che lottano in silenzio, con rispetto, per essere riconosciuti come cittadini e avere diritti come hanno i loro coetanei italiani, perché loro, stranieri nati o cresciuti in Italia, non sono né italiani né stranieri: sono degli Italiani. Tanti ancora sarebbero da elencare.

Perciò abbiamo tanto da cui ripartire. Abbiamo tanto in cui sperare e avere fiducia. Abbiamo da ripartire noi di LeG dalla sinistra, da casa nostra. Dai diritti e dall’eguaglianza, per ritrovare noi stessi e la nostra natura, la nostra identità. Diritti vuol dire rispetto dell’uomo e dignità della persona. Nel 2011 che verrà dovremmo guardare il nostro passato, per vedere come eravamo per poi lanciarci verso il futuro.

LeG lo farà con il suo impegno d’associazione. LeG Senigallia con l’ambizione di crescere e diventare un serbatoio culturale e della società civile per raccogliere quello che c’è di meglio, formarlo e lanciarlo per poter migliorare la cultura e il sistema politico; per far tornare la politica nel vero senso della parola: fare il bene della polis. Uno di questi lanci è proprio il nostro blog per poter interagire sempre di più con voi e far tornare i cittadini protagonisti. Un 2011 da far partire subito forte per poter ripartire e cambiare. Quindi prendiamo quello che di meglio abbiamo visto nel 2010 per poter realizzare la rinascita del 2011 e con l’unità della società far ritornare al centro del dibattito le parole speranza e fiducia. Auguri a tutti per quest’anno nuovo che ci aspetta.

 

31/12/2010 / legsenigallia

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